Auschwitz e Birkenau,Patrimonio dell’Umanità

A circa 70 km da Cracovia, si trova il famigerato campo di concentramento nazista di Auschwitz.

Auschwitz
Halt!

Prima di partire per Cracovia, sono stata a lungo indecisa se visitarlo o no. Così come non sapevo se pubblicare o meno un post a riguardo.

Auschwitz
Auschwitz

La mia paura era quella del carico di emozioni che avrebbe comportato. Abbiamo tutti presenti le immagini terribili dei film sull’olocausto, e quelle ben più sconvolgenti dei documentari dell’epoca. Mi chiedevo: “Come posso entrare da turista in un luogo così intriso di sofferenza?”… mi sembrava quasi di essere irrispettosa. E temevo anche il dolore che mi avrebbe provocato vedere l’entrata del campo, camminare accanto al filo spinato, entrare in quelle stanze fredde e umide. Perchè parliamoci chiaro: a dispetto di chi farnetica sulla veridicità dello sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, Auschwitz non è affatto un set cinematografico. E’ reale. E’ maledettamente reale.

Nonostante le mie paure, ho deciso di visitare comunque Auschwitz. Perchè ho realizzato che portare rispetto per questa immensa tragedia e omaggiare le vittime innocenti è più importante di qualunque paura e senso di colpa. E in virtù di questo senso di colpa, che provo ogni volta che capisco di essere una persona fortunata, farò tesoro di questa esperienza per impedire,  nel mio piccolo, che possa ripetersi. E’ proprio per questo che ho deciso di pubblicare questo post, e non tenere solo per me quello che ho visto. Perchè da questo posto maledetto si esce irrimediabilmente cambiati rispetto a quando si è entrati.

Auschwitz
Cancelli di separazione fra blocchi a Birkenau

Come già vi ho raccontato nel post precedente su Cracovia, per visitare Auschwitz mi sono affidata al servizio guide Cracow City Tours. Ho prenotato l’escursione già dall’Italia, direttamente online. Vi mandano una email di conferma, con il luogo di ritrovo e tutti i dettagli utili. Vi assicuro che sono organizzati benissimo. Le guide sono gentili, simpatiche e molto preparate. Gli autobus con cui si viaggia sono moderni e comodi. Il costo è di 35 euro, che vi da diritto anche ad un pranzo presso la Beer House in via Florianska 43. Noi abbiamo approfittato di questa offerta e posso dirvi che il pranzo è stato ottimo (e abbondante) e il ristorante, non su strada ma al primo piano di un palazzo che ospita un ostello, è molto carino e accogliente.

Si parte presto per raggiungere Auschwitz, alle 07:30 del mattino, e si torna in città alle 14:30. Una volta giunti a destinazione, si incontra la propria guida e si viene dotati di auricolari, con i quali ascoltare le spiegazioni della guida senza bisogno di starle tutti appiccicati.

La visita è divisa in due parti. La prima parte si svolge ad Auschwitz I, il primo campo realizzato, la seconda parte invece si svolge ad AuschwitzII, poco distante e meglio conosciuto come Birkenau.

Auschwitz
La pianta di Auschwitz I
Auschwitz
Auschwitz

Il campo di concentramento fu edificato nel 1940 dalle forze di occupazione naziste nei sobborghi del piccolo  paese polacco di  Oswiecim, che i tedeschi  rinominarono AuschwitzCon il passare degli anni, e crescendo il numero dei prigionieri, il campo si espanse fino ad avere 40 sottocampi, tra cui Auschwitz II-Birkenau e Auschwitz III-Monowitz. I primi ad essere rinchiusi qui furono i polacchi, poi i soldati russi fatti prigionieri, gli zingari e anche prigionieri politici di varie nazionalità. Nel 1942 Auschwitz divenne il luogo in cui i nazisti misero in atto il loro folle piano di eliminare tutta la popolazione ebrea d’Europa.

Centinaia di migliaia di persone, frutto dei rastrellamenti,  furono portate qui a più riprese, viaggiando in condizioni disumane. Appena arrivati, i prigionieri venivano selezionati a seconda della loro utilità. Quelli considerati inabili al lavoro erano immediatamente mandati alle camere a gas di Birkenau, e i corpi bruciati nei forni crematori. Chi superava la prima selezione, era condannato a lavorare per 11 ore al giorno, e a patire fame e freddo, torture fisiche e psicologiche, in condizioni disumane. Molti prigionieri non morirono nelle camere a gas, ma di stenti.

Auschwitz
Doppia fila di filo spinato
Auschwitz
Auschwitz

Quando i tedeschi capirono che la guerra stava per finire, cercarono di distruggere le prove delle atrocità che avevano commesso, bruciando i campi e smantellando le camere a gas  e i forni crematori.  Costrinsero i prigionieri che potevano camminare a mettersi in marcia verso la Germania (le famigerate Marce della Morte) e abbandonarono al loro destino i più deboli e malati. Non riuscirono completamente nel loro intento per mancanza di tempo, e quando i russi entrarono ad Auschwitz nel 1945 liberarono i superstiti e trovarono i resti inequivocabili dell’attuazione della soluzione finale.

Già nel 1947 il parlamento polacco stabilì che il sito di Auschwitz dovesse diventare un museo nazionale e nel 1979 l’Unesco lo dichiarò Patrimonio dell’Umanità.

Auschwitz
Arbeit Macht Frei

Nonostante credessi di essere preparata all’impatto, passare attraverso quel cancello, alzare gli occhi e leggere quella bugia beffarda scritta sopra (Arbeit macht frei, Il lavoro rende liberi) mi ha colpito enormemente. Ho pensato a quante migliaia di persone sono passate di lì, piene di paura e incerte sul loro futuro. Si saranno tranquillizzate leggendo quella scritta? Avranno pensato che sarebbero state lì fino alla fine della guerra lavorando, magari duramente, ma che poi la prigionia sarebbe finita? La triste realtà era che i prigionieri non erano lì per lavorare, e non si sarebbero garantiti la libertà nemmeno se avessero lavorato indefessamente per tutto il giorno, tutti i giorni. Erano lì in attesa della soluzione finale.

Auschwitz
I blocchi in mattoni rossi
Auschwitz
Camminando attraverso i vialetti
Auschwitz
In questo spiazzo si svolgevano le adunate due volte al giorno

Auschwitz

E’ davvero surreale inoltrarsi per questi vialetti così ordinati, con i tipici edifici in mattoni rossi ai lati. Verrebbe quasi da pensare che tutto sommato non erano così terribili questi campi di concentramento. Ma poi si entra nei vari blocchi. Si passa davanti all’ospedale di Mengele. Si vede il muro dietro il blocco 11, dal quale non si usciva vivi. Si entra nell’unica camera a gas presente, con annessi forni crematori. E l’orrore si manifesta in tutta la sua enormità.

Auschwitz
Una torretta di guardia
Auschwitz
I fili elettrificati
Auschwitz
Auschwitz

 

Il complesso di Auschwitz II, Birkenau, fu realizzato in fretta, quando i prigionieri che arrivavano da tutta Europa cominciarono a diventare troppi.

Auschwitz
Birkenau

Non c’era tempo di costruire blocchi in mattoni, così si costruirono di legno.

Auschwitz
I blocchi in legno di Birkenau
Auschwitz
L’interno di uno dei blocchi

Auschwitz

E non a caso fu scelta una zona con un micro clima molto particolare, malsana, gelida d’inverno e torrida d’estate. Qui le camere a gas erano quattro, e molto più grandi. Lo scopo del campo era inequivocabile. I deportati arrivavano dentro il campo direttamente con il treno e sulle banchine i medici volontari effettuavano le selezioni. Ho camminato su questi binari cercando di immaginare quanto dolore deve esserci passato sopra. Cercando di capire.

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I binari di Birkenau
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Arrivare a Birkenau
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Gli scambi sui binari
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Un vagone di quelli usati per trasportare i deportati

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La guida che ci ha accompagnato, con grande pathos, ci ha raccontato moltissime storie, facendoci piangere o rabbrividire. In tutti gli ambienti che abbiamo visitato, è stato chiaro come avessero regnato la follia, l’orrore, la paura, la sofferenza.

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I fili elettrificati di Birkenau

Auschwitz

Tutti dovrebbero visitare questi posti, comprese le nuove generazioni di ebrei israeliani, per evitare di ripetere gli stessi errori verso altri popoli. I gruppi organizzati che vengono qui in visita sono comunque moltissimi, arrivano autobus in continuazione. Questo mi ha sorpresa positivamente, e mi ha lasciato un senso di speranza per il futuro. Perchè visitando Auschwitz e Birkenau si mantiene viva la memoria, e, citando il filosofo George Santayana, solo “coloro che non ricordano il passato, sono condannati a ripeterlo”. 

 

Auschwitz

 

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